Blue Economy: la carta vincente del Sud che l’Italia ha dimenticato di giocare

Nello Musumeci

Ministro Nello Musumeci (Instagram) MandamentoBaianese.it

Il mare come risorsa economica, ambientale e strategica: Musumeci lancia un appello per valorizzare la Blue Economy nel Mezzogiorno.

Per decenni abbiamo guardato al mare solo come confine, non come opportunità.

Eppure è lì, sotto i nostri occhi, una risorsa ignorata dal Mezzogiorno e dall’Italia intera.

Un milione di posti di lavoro e 240 mila imprese gravitano già intorno all’economia blu.

Ma mancano competenze, visione e una strategia educativa per sfruttarla davvero. Ora, la Blue Economy torna al centro del dibattito politico grazie alle parole del ministro Nello Musumeci.

Il mare che non vediamo: l’Italia riscopre la sua risorsa dimenticata

Per troppo tempo, in Italia, il mare è stato relegato a paesaggio, svago estivo o terreno di scontro geopolitico. Ma oggi, qualcosa sta cambiando. A sottolinearlo è stato Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, intervenuto durante un convegno organizzato dalla UGL a Catania. Le sue parole risuonano come un richiamo collettivo a riscoprire il mare non solo come spazio fisico, ma come leva economica strategica. “Per le regioni del Sud, è la carta del mazzo che non abbiamo mai giocato”, ha dichiarato.

Il concetto di Blue Economy – l’economia del mare – abbraccia settori vitali come la pesca, il turismo costiero, i trasporti marittimi, la cantieristica, l’energia rinnovabile e la tutela ambientale. In Italia, contribuisce a oltre l’11% del PIL, coinvolgendo circa un milione di lavoratori e 240 mila imprese. Eppure, il suo potenziale rimane in gran parte inespresso, soprattutto nel Mezzogiorno. Lì dove il mare lambisce le coste più ricche di biodiversità e storia, la sua forza resta ancora sottoutilizzata.

Reti da pesca in mare
Rete da pesca in mare (Canva) MandamentoNotizie.it

Musumeci: “Insegniamo il mare a scuola e formiamo i professionisti del futuro”

Durante il suo intervento, Musumeci ha sollevato un punto cruciale: la carenza di competenze. Le filiere legate all’economia blu soffrono di una drammatica mancanza di figure professionali preparate. Ecco perché, secondo il ministro, è necessario ripensare l’educazione: “Dobbiamo promuovere un nuovo approccio con il mare, a partire dalle scuole primarie”. Educare bambini e ragazzi a considerare il mare come bene comune, risorsa economica e patrimonio da tutelare, potrebbe cambiare il paradigma. Ma l’appello di Musumeci va oltre la scuola: serve anche una revisione degli strumenti di formazione tecnica e universitaria. Gli operatori del settore chiedono figure capaci di integrare conoscenze ambientali, logistiche, ingegneristiche e giuridiche. Solo così il Sud potrà davvero cogliere l’occasione di sviluppo offerta dal mare.

Un’occasione che, per numeri, è tutt’altro che trascurabile. Il settore cresce soprattutto al Sud e in modo trasversale, coinvolgendo piccole imprese, startup innovative, attività tradizionali e nuove tecnologie. Ma resta un nodo fondamentale: ogni strategia di valorizzazione deve essere compatibile con la tutela dell’ecosistema marino. Come ha ricordato Musumeci, “ogni possibile sfruttamento del mare deve rispettare la biodiversità e l’equilibrio ambientale”. Nel frattempo, l’interesse politico e mediatico per il tema è cresciuto: non passa settimana senza che si torni a parlare di Blue Economy, a dimostrazione di una nuova consapevolezza collettiva. Ma perché questa presa di coscienza non si disperda, servono politiche concrete, investimenti mirati e soprattutto un cambio culturale profondo. Il mare non è più solo una cartolina: è futuro, lavoro e identità. E oggi, forse per la prima volta, l’Italia ha l’occasione di guardarlo davvero.